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sabato 10 marzo 2012
Il lato social della Val Susa
54 circoli Arci, 15 coop sociali, gas e botteghe solidali. Ecco la Valle che nessuno racconta
Da lontano è «la valle che resiste». Da vicino la Val di Susa è un vivaio di cooperative, una culla di circoli, un incubatore di decine di associazioni di volontariato. La valle è un vero cantiere sociale nel quale gli abitanti, anziché diminuire come ovunque in montagna, continuano a crescere.
Ci sono gli scout dell’Agesci, i volontari che fanno pet therapy, gli sportivi che lavorano con i disabili. I gruppi di acquisto e le botteghe del commercio equo e solidale. E ancora i circoli Arci (se ne contano 54 e associano circa 10mila persone), le moltissime associazioni, le cooperative sociali. Queste ultime, per dire, sono 15 (una ogni 8mila residenti), producono un fatturato complessivo di 39 milioni (4,5 dei quali per servizi realizzati in Valle) e danno lavoro a oltre mille persone (222 delle quali in Val Susa).
Un attivismo impressionante, capace spesso di convergere in nome dell’interesse collettivo, dando il via a progetti territoriali come quello ribattezzato “Valle di Susa. Tesori di arte e cultura alpina”. Un’iniziativa in cui sono impegnati i 37 Comuni della valle, la Comunità montana, 12 associazioni di volontariato culturale e diversi operatori della ricettività: hanno appena sottoscritto un protocollo d’intesa per la valorizzazione territoriale integrata (www.vallesusa-tesori.it). «Grazie a questa intesa», spiega don Gianluca Popolla del Centro culturale diocesano, «sarà possibile, nel biennio 2012 - 2013, formare i volontari in modo che siano sentinelle del patrimonio culturale». «Questo progetto», aggiunge Popolla, «ha riunito chi è a favore e chi è contro la Tav». Ed è un’indicazione importante.
«Non vi è dubbio che la sensibilità sociale in valle sia estremamente accentuata», premette don Luigi Chiampo che, oltre a gestire quattro parrocchie, si occupa di alcune cooperative sociali che fanno inserimento lavorativo e seguono minori in condizione di disagio e famiglie in difficoltà. Un’attenzione nei confronti di temi quali l’ambiente, la salute, la tutela delle fragilità che in qualche modo ha sostenuto il movimento No Tav, aiutandolo a non darsi per vinto. «Questa propensione sociale nel tempo si è trasferita dagli operatori veri e propri e dai volontari all’intera comunità, in qualche modo contagiandola». Suggerendole, se si vuole, la voglia di guardare avanti, di non fermarsi, di cercare di costruire un futuro diverso.
[Vita.it, del 7 Marzo 2012]
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